L’ ansia sociale è una paura che paralizza e lascia sfiniti sotto la costante convinzione di non farcela e di soccombere a quello che si teme: un rifiuto, una figuraccia, un rimprovero, e molte altre ipotesi catastrofiche. L’ ansia sociale è una paura pervasiva di essere osservati, giudicati, di essere al centro dell’attenzione. Solitamente la persona è portata a esagerare i possibili effetti negativi di un giudizio su di sé e a ritenerli insopportabili. L’ansia sociale è strettamente collegata alla paura del giudizio altrui.

L’ansia sociale è un fenomeno universale, coinvolge persone di ogni età, di ogni livello di istruzione o economico, di ogni razza, religione o orientamento sessuale. Ma ognuna di queste persone ha un percorso diverso e sfaccettato per cui è arrivata a soffrire di ansia sociale. Non c’è un’unica strada, ma infinite possibilità e molti diversi livelli di intensità e pervasività. Solitamente è una condizione cronica e invalidante che non va praticamente mai in remissione spontanea, tuttavia chi ne soffre aspetta molti anni prima di chiedere un aiuto specifico.

La caratteristica principale è un forte imbarazzo e una profonda sensibilità al giudizio in un contesto sociale: un eventuale giudizio negativo può essere in grado di suscitare nella persona una quantità enorme di dubbi e interrogativi su se stessa e sul proprio valore, sulla possibilità di essere accettati e apprezzati dagli altri, sulle proprie capacità personali, sull’eventualità e le conseguenze (insopportabili) di un possibile rifiuto. Se questa paura di una valutazione negativa diventa così grave e pervasiva da interferire col normale svolgimento delle attività quotidiane di una persona per almeno sei mesi, si parla di Disturbo di ansia sociale.

L’evitamento è il comportamento più evidente nell’ansia sociale. La persona evita tutte le situazioni che potrebbero almeno potenzialmente comportare un giudizio o una valutazione da parte di altri. Le situazioni che causano l’ansia possono essere di tipo sociale (le relazioni con altri) o di prestazione (es. sostenere un esame, parlare in pubblico), ma anche situazioni molto comuni come fare una coda, telefonare in pubblico, mangiare o bere in pubblico, ecc. L’evitamento di queste situazioni è la modalità usata per cercare di non sentire la paura, comportamento che non farà altro che aumentare il senso di pericolo e di inefficacia e potrà portare a una cronicizzazione del comportamento stesso, riducendo la quantità di azioni svolte quotidianamente e le interazioni sociali possibili.

La timidezza è una forma di piena consapevolezza di sé stessi, in questo senso può essere descritta come una lieve forma di ansia sociale. E’ piuttosto frequente nell’infanzia, e ancora di più nell’adolescenza, quando un ragazzo o una ragazza iniziano ad accorgersi di essere persone sociali, strettamente connesse agli altri, in relazione interdipendente con chi li circonda. Tuttavia con il tempo la timidezza tende a diminuire per la maggior parte delle persone. Per qualcuno persiste però un certo grado di ansia sociale, un aspetto molto comune è per esempio la paura di parlare in pubblico. Chi non soffre di ansia sociale, per esempio, può trovare difficile parlare in pubblico, ma tende a preoccuparsi solo poco prima di tale evento, e l’ansia tende a diminuire durante la prestazione e ad essere sempre meno forte nel tempo. Per chi soffre di ansia sociale invece, parlare in pubblico può essere una situazione capace di provocare una fortissima preoccupazione caratterizzata da una concentrazione sempre più insistente sui segnali di pericolo, sulle proprie reazioni fisiche (sudorazione, tachicardia, ecc), sulle reazioni degli altri (le possibili risate, le espressioni di noia o disapprovazione), e la sua modalità di interpretazione di ogni possibile segnale (interno o esterno) sarà di tipo catastrofico, tenderà a confermare le proprie aspettative più pessimistiche.

 

Il nucleo centrale dell’ansia

In un precedente articolo avevo scritto di ansia generalizzata ( qui https://dariatinagli.it/ansia-e-dintorni/  ), per spiegare brevemente la natura dell’ansia, mi limito ora a riportare le caratteristiche tipiche di una risposta di ansia (risposta di attacco o fuga davanti a un ipotetico pericolo) che si attivano nella nostra mente e nel nostro corpo:

  • la mente diventa vigile
  • la frequenza cardiaca aumenta
  • il respiro si fa più veloce
  • la sudorazione aumenta
  • i muscoli diventano più tesi
  • la salivazione diminuisce
  • il fegato libera più zucchero per fornire energia

Queste reazioni sono un aspetto normale di fronte a un pericolo, tuttavia, nei disturbi d’ansia queste reazioni si attivano anche in assenza di un pericolo concreto.
La risposta di attacco e fuga è automatica di fronte a una grave minaccia, e non si può modificare. Quello che si può modificare è il modo di interpretare situazioni e eventi.

 

Come affrontare e gestire l’ansia sociale

L’approccio cognitivo-comportamentale ha a disposizione numerose tecniche per affrontare un disturbo di ansia sociale, lavorando sia sugli aspetti comportamentali (per esempio riducendo l’attivazione fisiologica attraverso il rilassamento muscolare o affrontando e riducendo gli evitamenti) che quelli cognitivi (per esempio lavorando sulle idee irrazionali attraverso una ristrutturazione cognitiva, o migliorando le abilità di problem solving).

Ecco alcuni dei possibili percorsi di una terapia cognitivo-comportamentale del disturbo d’ansia sociale:

 

Complimenti per l’impegno!

Uno dei possibili ostacoli a un trattamento dell’ansia sociale, probabilmente è proprio il modo disfunzionale di pensare a se stessa che la persona ha sviluppato e utilizzato abitualmente nel tempo, una modalità autocritica, rigida, volta a individuare e sottolineare i punti critici e ignorare i piccoli successi, modalità frequente anche in persone con una bassa autostima e/o standard molto elevati.

In un percorso di cura di un disturbo di ansia sociale è importante che la persona, una volta affrontata la parte cognitiva del problema e dopo aver imparato a riconoscere e mettere in discussione le idee irrazionali e le proprie modalità di pensiero, si impegni inoltre a valorizzare le idee alternative positive su di sé e sui piccoli o gradi successi che piano piano riuscirà a ottenere grazie al suo impegno, alla costanza, e alla volontà di imparare a vivere meglio, riconoscendo e affrontando gli evitamenti, migliorando le abilità sociali e di problem solving, e molto altro ancora.

Via libera a frasi come: “è andata bene, sono stato bravo, un mese fa non avrei neppure tentato una cosa del genere, e oggi l’ho fatta, certo, avevo un po’ di paura, ma poi ci sono riuscito. Merito almeno una pacca sulla spalla, o un sorriso”.

Impara a parlarti con gentilezza, sottolineando i risultati raggiunti con fatica, con parole positive e incoraggianti, immagina cosa diresti a un amico nella tua situazione, e dillo a te stesso, ancora meglio, immagina cosa diresti a un bambino, e ripetilo a te stesso, e poi ancora, e ancora.

Una ri-educazione graduale, lenta, ma necessaria.

 

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Bibliografia

Trattamento dei disturbi d’ansia, G. Andrews, M. Creamer, R. Crino, C. Hunt, L. Lampe, A. Page. Centro Scientifico Editore, 2003

Come vincere l’ansia sociale, S.A. Dayhoff. Erickson Editore, 2008

Terapia metacognitiva dei disturbi d’ansia e della depressione, A. Wells. Eclipsi Editore, 2012

Le tecniche immaginative in terapia cognitiva, A. Hackmann, J. Bennett-Levy, E. A. Holmes. Eclipsi Editore, 2014