Abbiamo già parlato in un articolo precedente di assertività, delineandone un’introduzione.
Questa volta affrontiamo la pratica dell’assertività, infatti, affinché essa mostri la sua utilità e concretezza, non deve soltanto essere conosciuta e compresa, ma deve essere praticata, possibilmente ogni giorno, come un’abitudine, una buona abitudine.
Si può dire che l’assertività è rappresentabile in cinque livelli, ai quali corrispondono altrettanti obiettivi sempre più complessi.

Primo livello: riconoscere emozioni e sentimenti
Obiettivo: autonomia emotiva

Secondo livello: manifestare emozioni e sentimenti
Obiettivo: libertà espressiva

Terzo livello: riconoscere i Diritti Assertivi
Obiettivo: rispetto di sé e degli altri

Quarto livello: apprezzare se stessi e gli altri
Obiettivo: capacità motivazionale

Quinto livello: conoscere se stessi
Obiettivo: immagine di sé e autostima

Il terzo livello è probabilmente il livello portante nell’esercizio dell’assertività.
Conoscere e rispettare i Diritti Assertivi, ci aiuta ogni giorno a costruire un po’ della nostra libertà che scaturisce dal rispetto di noi stessi e degli altri. L’assertività infatti nasce da un complesso insieme di caratteristiche e attitudini che trovano la principale ragione di essere nella consapevolezza di sé e dell’altro e nel conseguente rispetto di sé e dell’altro. In questo senso, i diritti sono anche doveri, rispettare i propri diritti significa al tempo stesso rispettare anche quelli altrui.

Quali sono i diritti assertivi?
M.J. Smith ne ha descritti molteplici, i principali sono questi dieci:

voi avete il diritto di dire no senza sentirvi in colpa
voi avete il diritto di non giustificare il vostro comportamento, adducendo ragioni o scuse
voi avete il diritto di decidere se occuparvi dei problemi degli altri, se essere responsabili degli altri
voi avete il diritto di mutare parere e opinione, di cambiare il vostro modo di pensare
voi avete il diritto di sbagliare, assumendovi la responsabilità delle eventuali conseguenze negative
voi avete il diritto di non farvi coinvolgere dalla benevolenza che gli altri vi mostrano quando vi chiedono qualcosa
voi avete il diritto di essere illogici nelle vostre scelte
voi avete il diritto di dire ‘non so’, quando vi si chiede una competenza che non avete
voi avete il diritto di dire ‘non capisco’ a chi non dice chiaramente che cosa si aspetta da voi
voi avete il diritto di dire ‘non mi interessa’, quando gli altri vi vogliono coinvolgere nelle loro iniziative

Forse, il fulcro centrale dei diritti è la possibilità di dire di no senza sentirsi in colpa, senza doversi scusare o giustificare. Praticare questo diritto assertivo rappresenta il primo passo fondamentale verso la propria libertà interiore e il rispetto di se stessi. Non riuscire a dire di no a richieste altrui, lasciandosi invischiare nella benevolenza mostrataci da qualcuno, finisce per farci dire dei sì, con lo scopo di non sentirci in colpa e garantirci la riconoscenza dell’altra persona, ciò che invece questo comportamento ottiene, concretamente, è un senso di frustrazione che può sfociare in un senso di malessere riversato verso la persona stessa che cerchiamo di accontentare allo scopo di essere benvoluti. Un circolo vizioso che solo noi stessi possiamo interrompere. Imparando a dire di no al momento giusto, nel modo giusto, cioè con consapevolezza e equilibrio, e con la certezza che l’approvazione e l’accettazione degli altri nei nostri confronti, non può passare dal mancato rispetto di noi stessi.

Praticando ogni giorno i diritti assertivi, ci accorgeremo come sia possibile che il nostro comportamento riesca a influenzare tutto ciò che ci circonda e possa iniziare a trasformarlo, come una goccia che scava paziente in una roccia: lentamente, ma in modo inesorabile. 

 

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Bibliografia:

Manuale di assertività, di R. Anchisi e M. Gambotto Dessy, Edizione Franco Angeli

Nota al titolo: Preferirei di no, è ispirato al libro Bartleby lo scrivano, di Herman Melville, sebbene nel libro, questa frase, possa avere altre varie interpretazioni.