Pensieri e emozioni si influenzano reciprocamente, a volte siamo così abituati a osservare soltanto ciò che è evidente, da non accorgerci di ciò che sta in mezzo. Possiamo per esempio pensare che frequentare un certo luogo ci renda di cattivo umore, senza accorgerci che tra un evento e la conseguenza ci stanno in mezzo pensieri e emozioni che associamo a quell’evento e che poi determinano la conseguenza.

Le reazioni emotive sono attivate da processi automatici che hanno sede nella parte sottocorticale del cervello, per rispondere in modo rapido e efficace agli stimoli ambientali, per esempio, si attiva una risposta d’ansia in presenza di una minaccia, attivando così il sistema nervoso autonomo affinché possa così attivare tutta l’energia necessaria per rispondere a un possibile attacco. Una volta conosciute queste reazioni biologiche, l’organismo inizia a affidarsi al senso di paura percepito in situazioni specifiche e non tanto dalla specifica situazione in sé.

Dunque, ognuno di noi, si crea una specie di mappa delle proprie reazioni emotive alla quale affidarsi per riconoscere la presenza di un pericolo e dunque la necessità di difendersi o attaccare. Col passare del tempo, ogni evento viene letto e interpretato sulla base di alcuni schemi di riferimento conosciuti e ritenuti attendibili, tuttavia questi schemi non determinano l’emozione suscitata dagli eventi ma determinano la valutazione data di certi eventi e le risposte spesso rigide e viziate a essi associate in modo sempre più rigido nel tempo. Possiamo così ritrovarci a pensare: “quella persona mi fa paura”, “stare da solo mi turba” e ritenere questi pensieri come dati di fatto immutabili e a modo loro rassicuranti come bussole per orientarsi in un mondo da decifrare, e spesso in fretta, Questo affidarsi a pensieri sempre più rigidi e non verificati di volta in volta porta così a fare scelte non accurate e a evitare persone o situazioni che invece potrebbero non essere affatto pericolose.

Il pensiero giudicante ci impedisce di osservare gli eventi all’interno di una cornice più vasta e fluida, e incentiva l’evitamento esperienziale, cioè la tendenza a evitare esperienze negative o anche soltanto nuove, impedendo di affrontare la realtà. In questo modo succede che i nostri “discorsi interni” ci guidano come pregiudizi impedendoci di fare esperienza della realtà.

L’incapacità di riconoscere i propri schemi, le proprie “idee irrazionali” porta a una disconnessione con la realtà e all’evitamento delle emozioni a essa collegate, vissute come una possibile minaccia da evitare.

L’utilizzo abituale di queste idee ha da sempre una funzione rassicurante su di noi, ed è per questo che sopravvive, ci dà un modo abbastanza semplice per orientarci nel mondo fornendoci risposte univoche che ci permettano di evitare l’incertezza e il dubbio attraverso l’uso del giudizio e dell’interpretazione.

 

Le idee irrazionali sono idee molto diffuse e abbondanti. Albert Ellis ne ha individuate dodici più comuni:

  • “Io devo sempre essere amato, approvato, stimato da tutte le persone per me significative”.
  • “”Devo mostrarmi sempre competente e adeguato in tutto ciò che faccio”.
  • “Le cose devono andare in modo che io possa ottenere tutto quello che voglio subito e senza fatica, altrimenti il mondo è uno schifo e la vita non è degna di essere vissuta”.
  • “Gli altri devono trattare tutti in modo corretto e, se si comportano in modo ingiusto o immorale, allora meritano di essere severamente puniti. Devono scontarla in un modo o in un altro.”
  • “Se temo che possa accadere qualcosa di pericoloso o dannoso, allora devo pensarci continuamente, ed è giusto che io sia agitato e sconvolto al pensiero delle eventuali conseguenze, per poterle controllare meglio”.
  • Devo trovare soluzioni perfette ai miei problemi o a quelli altrui, altrimenti chissà che cosa può succedere”.
  • “La causa delle mie emozioni e dei miei sentimenti è sempre esterna, per cui posso fare poco per controllarli, per superare la depressione, l’ansia, il rancore.”
  • “Il mio passato è la vera causa dei miei attuali problemi: se qualcosa ha influito pesantemente sulla mia vita, questo ormai condiziona irrimediabilmente tutti i miei sentimenti e comportamenti attuali.
  • “Ho bisogno di starmene tranquillo, senza responsabilità, sforzi, disciplina, autocontrollo”.
  • “Devo essere sempre perfettamente a mio agio e senza sofferenza di alcun genere”.
  • “Potrei impazzire e questo sarebbe terribile”.
  • “Mi considero debole, incapace, inadeguato, quindi ho bisogno di dipendere dagli altri e da qualcuno in particolare”.

 

All’origine delle idee irrazionali ci sono alcuni modi di pensare , legati a una concezione  astratta del dovere, del bisogno, del valore umano e degli eventi.

Eccone alcuni più frequenti:

 

Doverizzazioni

Le idee astratte che abbiamo circa il dovere sono chiamate anche “doverizzazioni” e, secondo Frank Bond, si suddividono  in tre gruppi:

  • pretese verso se stessi: io devo agire bene e essere approvato, altrimenti non valgo nulla.
  • pretese verso gli altri: tu mi devi trattare in modo ragionevole, attento e benevolo altrimenti sei scorretto.
  • pretese verso le situazioni: la vita deve essere piacevole, facile e senza stress, altrimenti è orribile.

Le doverizzazioni sono idee rigide che ci impediscono di stare in contatto con i nostri reali desideri e bisogni, coprendoli da un’imposizione (interna o esterna) incapace di tenere conto del reale significato che qualcosa ha davvero per noi stessi e gli altri.

 

Bisogni

Un altro tipo di idee astratte che spesso abbiamo sono quelle legate al bisogno: queste idee sono quelle che ci fanno pensare di avere necessità di alcune precondizioni che devono essere soddisfatte per poter accedere a un grado successivo (di realizzazione, felicità, completezza, o qualunque cosa si ritenga fondamentale nella vita), se questo bisogno non viene soddisfatto, questa mancata soddisfazione è considerata la prova dell’essenzialità del bisogno stesso. Un esempio può essere la convinzione di dover raggiungere un certo obiettivo per poter poi godere di un certo privilegio, e viene formulato come ” sarei felice se avessi…” “ho assolutamente bisogno di…” e così via. Aderendo incondizionatamente a questo modo di pensare costruiamo la strada verso l’insoddisfazione certa, nell’eterna ricerca di ciò che non c’è.

 

Perfezionismo

Un’altra idea frequente è legata al perfezionismo, cioè la pretesa che tutto sia perfetto, senza accorgersi che l’essere umano è fallibile e che un comportamento specifico e isolato non intacca il valore di una persona. Il perfezionismo a volte può ostacolare un pensiero dinamico e creativo, comunemente si dice che ‘il meglio è nemico del bene’.

 

Catastrofismo

Un altro fattore tipico delle idee irrazionali è il catastrofismo, questo si esprime in frasi come “sarebbe terribile se…” oppure ‘insopportabile’, ‘pazzesco’, ‘orrendo’, ecc. E’ un modo di interpretare la realtà con la paura sottostante sempre presente, nell’illusione che preoccupandosi, si possano prevenire eventi più gravi, quello che succede invece è che la preoccupazione, lungi dal risolvere gli imprevisti futuri, si mangia anche il presente, nel quale, invece, si potrebbe attivarsi in modo più efficace e concreto.

Modificare il linguaggio con cui parliamo a noi stessi è un modo che abbiamo a disposizione per cambiare in modo graduale i nostri pensieri e le nostre emozioni.

 

Qualche idea per concludere 

Per provare a uscire dalla prigione delle idee irrazionali, possiamo fare affidamento su tre modalità di base: l’impegno nell’azione, la razionalità e l’antiassolutismo.

 

 

Riferimenti bibliografici:

Manuale di assertività, R. Anchisi e M. Gambotto Dessy. Ed. F. Angeli, 2013

 

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