I disturbi del comportamento alimentare sono patologie caratterizzate da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile.

Soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali. Per la persona che soffre di una disturbo dell’alimentazione tutto ruota attorno al cibo e alla paura di ingrassare. Cose che prima sembravano banali ora diventano difficili e motivo di ansia, come andare in pizzeria o partecipare ad un compleanno. Spesso i pensieri sul cibo assillano la persona anche quando non è a tavola, ad esempio a scuola o sul lavoro; terminare un compito può diventare molto difficile perché nella testa sembra che ci sia posto solo per i pensieri su cosa si “deve” mangiare, sulla paura di ingrassare o di avere una crisi bulimica.

Dunque i DCA incidono in modo negativo sulla vita personale e famigliare, tuttavia, solo una piccola percentuale di persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione chiedono aiuto.

Una caratteristica quasi sempre presente in chi soffre di un disturbo alimentare è l’alterazione dell’ immagine corporea che può arrivare ad essere un vero e proprio disturbo. La percezione che la persona ha del proprio aspetto, sembrano influenzare la sua vita più della sua immagine reale. Spesso chi soffre di anoressia non riesce a giudicare il proprio corpo in modo obiettivo. Per le persone che soffrono di bulimia nervosa l’angoscia può essere ancora più forte per il fatto che il fatto di perdere il controllo sul cibo fa percepire il peso corporeo (che molto spesso è normale) come eccessivo. Sia nell’anoressia nervosa che nella bulimia nervosa, la valutazione di sé stessi dipende in modo eccessivo dal peso e dalla forma del proprio corpo.

Spesso il disturbo alimentare è associato ad altre patologie, in particolare la depressione, ma anche i disturbi d’ansia, l’abuso di alcool o di sostanze, il disturbo ossessivo-compulsivo e i disturbi di personalità. Possono essere presenti comportamenti autoaggressivi, come atti autolesionistici e tentativi di suicidio. essi coinvolgono anche il corpo con delle complicanze fisiche talvolta molto gravi.

Tra i disturbi della nutrizione e della alimentazione, i disturbi del comportamento alimentare (o disturbi alimentari) rappresentano una delle più frequenti cause di disabilità giovanile e a essi si associa un rischio elevato di mortalità.

 

L’anoressia nervosa

I criteri diagnostici per l’anoressia nervosa secondo il DSM-5 sono:

  • la restrizione nell’assunzione di calorie ed il peso corporeo significativamente basso (cioè sotto l’85% del peso previsto);
  • l’intensa paura di ingrassare;
  • l’alterazione della rappresentazione mentale del proprio corpo, la quale porta ad una costante sensazione di essere sovrappeso.

L’ anoressia nervosa può presentarsi accompagnata da abbuffate e/o condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi), in tal caso si parla di anoressia di tipo 2.

Le abbuffate consistono nel consumare abbondanti quantità di cibo, preferibilmente a elevato contenuto calorico e sono di solito accompagnati da atteggiamenti compensatori (per esempio, vomito autoindotto). Il sottotipo 2 infatti controlla il peso non solo attraverso la restrizione alimentare, ma anche attraverso condotte compensatorie di tipo bulimico: vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi. Spesso le pazienti del sottotipo 2 presentano un sottopeso meno grave rispetto al sottotipo 1 spesso, pesano di più prima dell’insorgenza del disturbo e hanno più frequentemente parenti sovrappeso o obesi in famiglia.

 

La bulimia nervosa

La Bulimia nervosa è caratterizzata da abbuffate e inappropriate condotte compensatorie, almeno 1 volta alla settimana e per 3 mesi. Il DSM-5 definisce un episodio di abbuffata come l’ingestione di una quantità di cibo significativamente superiore a quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo ed in circostanze simili, caratterizzato dalla sensazione di perdere il controllo durante l’abbuffata. Le “inappropriate condotte compensatorie”, utilizzate per prevenire l’aumento di peso a seguito di un episodio di abbuffata, consistono ad esempio nel vomito autoindotto; nell’abuso di farmaci (quali lassativi e diuretici); nel digiuno o nell’attività fisica eccessiva.

Il criterio diagnostico comune all’ Anoressia nervosa è l’eccessiva influenza del peso e della forma corporei sui livelli di autostima dell’individuo.

Anche la bulimia, come l’ anoressia, presenta due sottogruppi distinti dall’uso, o meno, delle condotte di eliminazione (vomito autoindotto o abuso di lassativi o diuretici). Il secondo sottogruppo non ne fa uso, e queste pazienti tentano di controllare il peso attraverso l’esercizio fisico o mangiando poco o addirittura digiunando.

Molte persone che hanno crisi di abbuffate compulsive esercitano costantemente un intenso sforzo su se stesse per seguire la ferrea dieta che si sono imposte. La persona pensa di dover seguire le regole alla lettera e sperimenta un senso di fallimento ogni volta che mangia di più rispetto a ciò che le regole permettono.

Questo tipo di regime alimentare severo genera, inevitabilmente, ripetuti fallimenti, i quali innescano nella persona una intensa demoralizzazione ed una dolorosa auto-critica, che spesso sfocia nell’abbuffata.

In molti casi, inoltre, la crisi bulimica è seguita da disfunzionali comportamenti di compensazione quali vomito auto-indotto, uso improprio di lassativi e diuretici (purging), oppure da digiuno o esercizio fisico eccessivo finalizzato a compensare le calorie ingerite durante l’abbuffata.

A sostenere questa reazione di fronte alla rottura delle regole dietetiche è uno stile di pensiero caratteristico di molte persone che soffrono di Bulimia Nervosa, definito pensiero tutto o nulla.

 

Il binge eating disorder (BED)

E’ una condizione di grave sovrappeso o obesità, causato da fattori psicologici in assenza di cause mediche o genetiche.

Il Disturbo da Binge-eating è caratterizzato da abbuffate almeno 1 volta alla settimana per 3 mesi, non seguite da condotte di eliminazione o di controllo del peso di alcun tipo. Un’altra differenza con la Bulimia nervosa è rappresentata dal minore interesse mostrato nei confronti del peso e della forma del corpo. L’assenza di controllo del peso sbilancia questo disturbo tutto sul versante dell’impulsività alimentare, rendendolo in qualche modo diverso dagli altri disturbi alimentari.

Gli episodi di abbuffate compulsive sono associati ad almeno tre dei seguenti caratteri:

– Mangiare molto più rapidamente del normale;

– Mangiare fino ad avere una sensazione dolorosa;

– Mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo fame;

– Mangiare in solitudine a causa dell’ imbarazzo per le quantità di cibo ingerite;

– Provare disgusto di sé, intensa colpa o disagio dopo aver mangiato troppo.

L’abbuffata compulsiva è la strategia principalmente utilizzata nella riduzione e regolazione degli stati emotivi non desiderabili, in particolare sembrerebbe funzionale ad evitare o ridurre sensi di colpa nel breve periodo, e emozioni di paura, ostilità o tristezza (Berge et al., 2015).

Usare il cibo per gestire uno stato emotivo può produrre nell’immediato un senso di benessere e rilassamento ma, se applicato con regolarità può condurre ad un abbassamento del livello di benessere psicofisico, dovuto in parte alla scarsità ed esiguità nella scelta degli stimoli gratificanti e dall’altro al non riconoscimento di stati emotivi come ad esempio ansia, tristezza e nervosismo a cui far corrispondere una risposta più adeguata del cibo alla risoluzione di eventuali problemi (Dalle Grave 2013).

 

Fattori di rischio e mantenimento dei disturbi alimentari

L’immagine corporea  è l’insieme di percezioni, pensieri ed emozioni che una persona esperisce riguardo al suo corpo (Gorgan, 2008). Ma non sempre tali percezioni sul proprio corpo hanno un’accezione positiva, né tantomeno coincidono con la forma corporea ideale a livello soggettivo: si parla in tal senso di insoddisfazione per l’immagine corporea. Tale insoddisfazione rappresenta uno dei maggiori fattori di rischio e di mantenimento dei disturbi legati all’immagine corporea e all’alimentazione (Thompson 1999).

Secondo Fairburn i Disturbi dell’Alimentazione  condividono lo stesso nucleo psicopatologico: un’ eccessiva importanza attribuita al peso, alla forma del corpo e al controllo dell’alimentazione.

In tale prospettiva i Disturbi Alimentari vengono considerati come un’unica categoria, mantenuta da meccanismi comuni quali bassa autostima e perfezionismo (Fairburn et al., 2003).

Altri studi  hanno evidenziato come anche il rimuginio e il controllo costituiscano importanti fattori di mantenimento per i Disturbi dell’Alimentazione. In particolare, i soggetti con DCA mostrerebbero una maggiore tendenza a preoccuparsi per gli errori (perfezionismo patologico), un minor senso di autostima, misure più elevate di rimuginio ed una scarsa percezione di controllo sugli eventi esterni e sugli stati emotivi interni, rispetto ai soggetti non patologici (Sassaroli et al. 2007).

Il criticismo percepito è un fattore di rischio per lo sviluppo del perfezionismo clinico nei disturbi alimentari. Il criticismo genitoriale consiste nell’essere costantemente soggetto a critiche da parte di altri considerati significativi, importanti per la persona (ne ho scritto qui https://dariatinagli.it/prima-di-criticare-pensaci/ ).

Il criticismo percepito precede il perfezionismo nel processo psicologico, portando alla formazione del controllo ossessivo del peso e della forma fisica nella mente delle persone affette da disturbo alimentare. In questo caso, è possibile immaginare il perfezionismo maladattivo come una sorta di reazione all’estremo dolore provocato dalle critiche recepite, che a loro volta hanno stimolato, in individui poveri di risorse cognitive e di un sostrato familiare adeguato, lo sviluppo di un controllo o meno sul cibo, sulla forma fisica e sulla propria identità. È possibile ipotizzare che il criticismo percepito possa essere il fattore razionale che facilita la trasmissione transgenerazionale del perfezionismo in soggetti con disturbo alimentare.

Il controllo, invece, si presenta non come un problema, bensì come una soluzione. Nel caso dei disturbi alimentari il controllo si esprime nel controllo del peso, del cibo e dell’aspetto corporeo attraverso la dieta, ed è rinforzato positivamente dalla sensazione di successo che si sperimenta quando si riesce a rispettarla, e negativamente dal timore di ingrassare. Il risultato è che, con l’intensificarsi della dieta, il peso decresce sempre più e il processo si autoperpetua. È per questo motivo che il bisogno di controllo nei disturbi alimentari diventa una necessità compulsiva, un vero e proprio obbligo.

Nei disturbi alimentari i pazienti soffrono una necessità generale di controllo che, prima dell’esordio, tentano probabilmente di esprimersi su aspetti più complessi e potenzialmente gratificanti della vita, quali la realizzazione nello studio, nel lavoro, nel tempo libero, nelle relazioni o nell’affettività. Ma questi ambiti si rivelano ben presto troppo complessi e incontrollabili.

Le persone con disturbi alimentari sentono di non essere capaci di controllare i rapporti personali, le reazioni interne e gli eventi in generale. Per ottenere la percezione del controllo e raggiungere un certo grado di prevedibilità, sono disposti a confinare le loro vite entro un’esperienza ridotta, circoscritta all’alimentazione e alle dimensioni corporee. Tuttavia, sebbene la gestione dell’alimentazione e delle dimensioni corporee offra in un primo momento l’attrattiva di una qualche possibilità di controllo, alla fine li condanna a un’esistenza isolata e insana (Button 1985; 2005). Per Dalle Grave (2001) la tendenza al controllo si focalizza sull’alimentazione perché fornisce una prova evidente e immediata di capacità di autocontrollo, perché ha un potente effetto manipolatorio sugli altri e in particolare sui familiari.

 

Se stai pensando di intraprendere un percorso di supporto psicologico per migliorare il tuo benessere personale,
puoi chiamarmi per fissare un primo colloquio conoscitivo al n. 338-8317876

 

Riferimenti bibliografici:

  • Terapia cognitivo comportamentale dei disturbi dell’alimentazione, D. Garner e R. Dalle Grave. Positive Press 2002
  • La riabilitazione psiconutrizionale nei disturbi dell’alimentazione, D. Ballardini e R. Schumann, Crocci Faber ed. 2011