Oggi, 28 febbraio, è la Giornata per le Malattie Rare. L’ etichetta ‘rare’ però non spiega bene la portata reale del fenomeno che sta a indicare, e neppure rende l’idea dell’enorme numero di persone coinvolte in tutto il mondo. In Europa e in USA una malattia è considerata rara quando ne è affetta meno di una persona ogni 200.000, questo significa un numero compreso tra 450mila e 670mila di persone coinvolte solo in Italia, e alcune fonti riferiscono una cifra come 2 milioni di persone. Sono state finora individuate dalle 6.ooo alle 7.000 malattie diverse. Di queste malattie l’80% sono di origine genetica, il 20% di origine batterica o virale. Il 50% di queste colpisce i bambini. E poi, oltre ai dati, ai numeri, alle statistiche, ci sono le persone, i loro famigliari e i medici che li seguono, ognuno con la sua storia, col suo esordio, con la sua evoluzione, con la sua diagnosi spesso difficile da raggiungere e accettare, col suo trattamento, a volte incerto, a volte troppo scarno, a volte complicato e doloroso.
La prima grande difficoltà di chi si trova a affrontare una malattia rara è la diagnosi. Le malattie rare sono poco conosciute, per questo i loro sintomi sono spesso individuati in modo troppo lento e incerto, e può trascorrere un lungo tempo di confusione e paura prima di ottenere una diagnosi corretta, e di conseguenza prima di avere una cura e un possibile trattamento. Una diagnosi e una cura sono qualcosa di indispensabile a livello medico e umano, rappresentano un fatto in grado di dare un senso di controllo sulla malattia e quella fiducia che permette a una persona malata di sentirsi in grado di affrontare la propria malattia, di padroneggiarne i termini, le cause, le cure, l’evoluzione. A complicare le cose c’è anche il fatto che i sintomi dell’esordio della malattia e la loro manifestazione, possono variare da persona a persona, così come la risposta a un tipo di trattamento o a un altro. Questo insieme di fattori porta le persone a provare un profondo senso di sconforto, di smarrimento, di incertezza, anche di ansia e talvolta conseguenze come disturbi depressivi più frequenti che nel resto della popolazione. Una persona che soffre di una malattia rara, senza diagnosi chiara o senza una cura certa è una persona che si sente invisibile, isolata, incompresa.
E’ evidente quanto possa essere utile creare una rete di informazioni per poter condividere in modo organico e coerente i dati e gli aspetti specifici di ogni malattia, in modo da promuovere lo sviluppo di nuove procedure diagnostiche e terapeutiche. E’ necessaria inoltre una sinergia tra specialisti diversi di ogni Paese, azione che stanno portando avanti l’European Reference Networks, l’International Rare Disease Research Consortium e l’EU Framework Programme for Research and Innovation Horizon 2020. A livello nazionale è stata istituita dal 2001, dal Ministero della Sanità, una Rete nazionale per la prevenzione, la diagnosi e la terapia delle malattie rare.
Un altro tipo di sinergia fortemente significativa è quella che può crearsi tra le persone accomunate dalla stessa diagnosi. Oggi questa necessità, un tempo così difficile da concretizzare, è facilitata dai social network e da piattaforme specifiche. Numerosi studi sperimentali mostrano come la rete sociale di supporto sia fondamentale per lo sviluppo di uno stile di coping adattivo (cioè l’insieme di strategie e comportamenti messi in atto per affrontare una certa situazione) nel paziente, e sullo sviluppo di un locus of control interno (cioè la percezione del controllo che si ha circa un determinato evento), in particolare, chi percepisce di avere vicino a sé una rete sociale solida e collaborativa sente di poter padroneggiare con più controllo e efficacia una situazione difficile, ritiene di avere gli strumenti adeguati per affrontarla, non si percepisce totalmente in balìa del caso ma si attribuisce un certo grado di efficacia e controllo sulla situazione. Questa rete sociale è di solito quella formata da familiari e amici, ma oggi questa rete è rappresentata anche da persone con la stessa diagnosi, persone con le quali poter stare in contatto regolarmente, con le quali poter condividere dubbi, domande, incertezze, speranze, esperienze. Sono molti gli studi sperimentali che riportano l’efficacia di questo tipo di supporto ‘on-line’ ottenuto attraverso gruppi dedicati e piattaforme specifiche, e il senso di appartenenza, sicurezza e controllo che questi gruppi riescono a generare tra i partecipanti. Capire la malattia, condividere informazioni, accedere a notizie e strumenti, confrontarsi sui sintomi e sulla possibile evoluzione, permette a queste persone di sperimentare un senso di appartenenza e fiducia che può creare in loro il coraggio di reagire e di sfidare giorno dopo giorno la propria malattia.
Una di queste piattaforme è PatientsLikeMe, fondata nel 2004 da Jeff Cole e due fratelli, Jamie e Ben Heywood, decisi a fare qualcosa per il loro fratello di 29 anni affetto da sclerosi amiotrofica laterale dal 1998. La piattaforma accoglie oggi 600.000 iscritti. Ogni giorno queste persone condividono e generano dati reali sugli effetti e lo sviluppo di migliaia di malattie rare. Una risorsa enorme anche per i ricercatori del settore, che a loro volta possono usufruire inoltre di Matchmaker Exchange, un progetto nato nel 2013 con lo scopo di connettere dati e informazioni per trovare le cause genetiche delle malattie rare, attraverso programmi e procedure standardizzate.
Internet e i social networks portano con sé tante contraddizioni, lati oscuri, aspetti di rischio da più punti di vista, ma possono essere anche delle risorse utili e preziose, da imparare a usare, per affrontare la quotidianità e non solo di una malattia rara.
Bibliografia e approfondimenti:
The role of an online community for people with a rare disease: content analysis of messages posted on a primary cirrhosis mailinglist (J.N. Lasker, E.D. Sogolow, R.R. Sharim; 2005)
Empowerment of patients lessons from the rare diseases community (S. Aymè, A. Kole, S. Groft; 2008)
The Internet and Medicine: building a community for patients with rare disease (M. Pastos, 2005)
Social uses of personal health information within Patientslikeme, an online patients community (J.H. Frost, 2008)
The Matchmaker Exchange: a Platform for rare disease gene discovery (A.A. Philippakis, D.R. Azzariti, S. Beltran; 2015)
Social support and the study of personal relationships (B.H. Gottlieb, 1985)
Generalised expetancies for internal versus external control of reinforcement (J.B. Rotter, 1966)
Contextual and social network factors related to child care and child health among low-income families (R.H. Jenkins, 1999)
www.orpha.net
www.iss.it/cnmr