L’imperfezione umana e il cambiamento insito in tutte le cose che passano, trasformano e si trasformano, sono elementi portanti e ricorrenti nelle storie di dolore e disconnessione di ognuno di noi. Ci affatichiamo ogni giorno a trovare nuove modalità di affrontare l’imperfezione nostra e degli altri, insieme a quella del mondo e di tutte le cose mutevoli che ci circondano. Ci affanniamo, senza trovare sollievo, spesso, sbandando tra la clemenza e una certa rudezza di modi e pensieri, oscilliamo tra la voglia di superare il dolore e quella di restarci dentro, spesso ci illudiamo di poterlo evitare, concedendoci il finto lusso di superarlo senza doverlo attraversare.
Nel perdono, l’imperfezione umana e la mutevolezza di ogni cosa sono evidenti: perdonare ci apre all’altro, aiuta a ristabilire e rinnovare le relazioni morali tra persone dopo un torto subito, anziché condannarle e interromperle (Walker, 2006).
Ognuno di noi, ogni giorno, può trovarsi a fare i conti con sentimenti negativi provati per qualcuno, rancore, risentimento, rabbia, avvelenano la vita e possono essere una forma di tortura verso se stessi (Winch, 2004). Eppure, scegliere di perdonare può essere ancora più difficile e complicato, perdonare richiede coraggio: richiede di confrontarsi con il dolore e accettare trasformazioni permanenti in se stessi e nelle relazioni con gli altri.
La rabbia inespressa per un torto subito è fonte di rancore e di grande dolore per chi sceglie di reagire col silenzio alla propria rabbia o alla propria delusione suscitata da qualche comportamento altrui. L’espressione della rabbia è spesso condannata dalle persone che abbiamo intorno, ma senza esprimere il proprio risentimento per un’ingiustizia subita, non si può superare quel dolore e pure non si può offrire comprensione e amore a chi ci ha offeso: perdonare non significa anche rinunciare all’indignazione, al risentimento, alla rabbia e a ogni tentativo di rivalsa. Il processo di perdono necessita anche di riconoscere la legittimità di un risentimento o del rancore verso chi ci ha offeso.
La tristezza e il dispiacere sono spesso nascoste o coperte dalla rabbia, o dall’indifferenza apparente, invece possono essere un forte motore capace di attivare un percorso di crescita e guarigione, aprirsi a queste emozioni dolorose e viverle pienamente permette la creazione di nuovi significati, aiuta a individuare e proteggere i propri valori violati e aiuta a rivendicarli come importanti e fondamentali, modificando la narrazione e la prospettiva sull’accaduto, ci sposta dal ruolo di vittima passiva a un ruolo più consapevole e attivo, in grado di cambiare.
Secondo l’Emotion Focused Therapy, il concetto di perdono è svincolato dall’idea di assoluzione, ed è invece strettamente connesso alla possibilità di non provare più emozioni negative per colui che ci ha offeso e al successivo sviluppo di emozioni positive. Alcuni studiosi intendono il perdono come scelta o decisione di lasciare andare il risentimento, la EFT invece intende il perdono come la possibilità di sviluppare un sentimento capace di dare sollievo, pace, amore e generosità, ma anche compassione verso chi ci ha ferito. Questo sentimento non si raggiunge con un solo atto di volontà, ma soprattutto attraverso l’elaborazione delle emozioni dolorose legate alle perdite, alle violenze, alle ferite subite.
Il perdono ha molto più a che fare con l’emozione che col pensiero.
Il perdono dunque non è una scelta o una decisione ma è un percorso che inizia con l’elaborazione di emozioni dolorose e difficili.
Il primo passo implica la capacità di abbandonare il desiderio di vendetta e solo in seguito la possibilità di lasciare andare i sentimenti di dolore e rabbia. Il percorso consiste nel riuscire a non cercare o desiderare vendetta ma sostare ancora nel senso di turbamento, dolore o rabbia. Il secondo passo avviene quando in modo graduale si smette di provare dolore e rabbia.
I modelli che descrivono il processo di perdono prevedono quattro stadi:
- il riconoscimento dell’offesa,
- il desiderio di perdonare,
- l’elaborazione cognitiva e emotiva,
- l’azione comportamentale.
In generale, in psicologia, si è concordi nel ritenere che il perdono non sia soltanto lasciare andare e accettare l’offesa, ma sia anche la possibilità di sviluppare un atteggiamento benevolo verso l’oppressore, capace di rinnovare compassione e fiducia verso l’altro.
Dunque, le caratteristiche principali del perdono sono:
- la rinuncia all’ostilità nei confronti dell’offensore
- la rinuncia del desiderio che il passato possa cambiare
- lo sviluppo di un sentimento di generosità o compassione nei confronti dell’offensore
- accogliere il pentimento dell’offensore
- la remissione della punizione eventuale controllata dall’offeso
Il perdono può inoltre portare a:
- riconciliazione e possibilità di ricostruire il rapporto
- rinunciare al desiderio di vendetta o punizione, a risentimento o critiche
- offrire generosità e compassione immeritate
- trasmettere gentilezza amorevole all’altro
- fare spazio all’ingiustizia subita e rinunciare al desiderio di trovare un senso al comportamento dell’altro
- rinunciare a serbare rancore o pretendere scuse
- arrivare al punto in cui non ci si desidera il bene per l’altra persona
- identificare (e magari condividere) la responsabilità del dolore provocato
Perdonare significa sentirsi in pace con le nostre ferite più profonde, accettare l’accaduto, smettere di lamentarsi dell’ingiustizia subita, abbandonare il desiderio di rivalsa. Perdonare è anche sapersi mettere con l’altro, dalla sua parte e non contro l’altro che ci ha ferito. In questo modo non sarà l’altro a dover ‘risolvere’ le conseguenze dolorose dell’offesa arrecata, ma è la parte offesa stessa a prendersi l’impegno e la responsabilità di affrontare il dolore subito. Infine, se lo si desidera, il perdono apre la strada a una possibile ricostruzione del percorso insieme attraverso la riconciliazione.
Perdonare non significa:
- accettare
- condonare
- dimenticare
- negare o giustificare l’accaduto
- riconciliazione (possibile ma non necessaria)
- ignorare le conseguenze
- rinunciare alla giustizia
- concedere assoluzione
- rassegnarsi a ciò che non può essere cambiato
Il non-perdono non è l’opposto del perdono (Worthington, 2006).
Si può superare la condizione di non-perdono senza necessariamente perdonare.
Il non-perdono è una reazione da stress che si verifica quando un’offesa è percepita come minacciosa. Il non-perdono può essere acuto o cronico, nella fase acuta, immediatamente successiva all’offesa subita, si possono avere:
- sentimenti angoscianti di sgomento, incredulità, dolore emotivo, rabbia e tristezza;
- a sensazione di aver subito un’ingiustizia,
- la convinzione che l’offensore abbia commesso un affronto e meriti una punizione,
- il desiderio che l’offensore possa subire un’offesa simile.
Se la fase acuta si protrae molto a lungo il non-perdono può divenire cronico e procurare:
- risentimento persistente, rabbia estrema, vergogna, tristezza pervasiva,
- ruminazione che disturba il sonno e la quotidianità,
- disumanizzazione dell’altro come figura soltanto cattiva incapace di riscattarsi,
- esaltazione di se stessi come figura soltanto positiva incapace di reagire,
- incapacità di andare avanti nella vita.
L’elaborazione del dolore e il percorso verso il perdono implicano una crescita personale e un grande cambiamento di prospettiva, tuttavia la EFT non sottolinea troppo tale aspetto positivo in quanto potrebbe ostacolare l’elaborazione e l’espressione di emozioni negative legate al processo di perdono, che sono invece un aspetto fondamentale del percorso.
Perché perdonare?
Possiamo dire che perdonare è prima di tutto un regalo che la persona ferita fa a se stessa, lasciare andare il dolore e la rabbia allevia la sofferenza della persona ferita e ne incoraggia la crescita e la possibilità di andare avanti. Sempre più dati di ricerca mostrano come il perdono sia positivamente correlato al benessere psicofisico di chi perdona. In generale, il perdono è associato a una riduzione della rabbia, dell’ansia, della depressione (Toussaitn e Webb, 2005) e a un incremento di speranza e autostima, oltre che a un miglioramento della soddisfazione per la vita (Vaillant, 2000) e della percezione di ricevere un supporto sociale (Thoresen, Harris, Luskin, 2000).
Allo stesso modo, il perdono è correlato positivamente a una migliore risposta immunitaria dell’organismo, una migliore frequenza cardiaca, una pressione sanguigna più bassa (Thoresen et al. 2000).
Perché non perdonare?
Dunque, perdonare è una strada possibile, tuttavia, affinché porti in una direzione veramente positiva, è importante ricordare che l’atto di perdonare deve essere svincolato da ogni automatismo o imposizione o valore morale, il gesto di perdonare non richiede di essere impulsivo, imposto o superficiale, la difficoltà a perdonare non deve generare colpa o vergogna, ma richiede di essere accolta con comprensione nella sua dignità e nel suo pieno diritto di esistere.
Affrontare un percorso di elaborazione di questo tipo implica riappropriarsi dell’esperienza, scegliendo attivamente di pensare e sentire quello che prima sembrava intollerabile. Tuttavia, affrontare questo dolore, non conduce di per sé al perdono. Alcune persone potranno trarre beneficio e migliorare il proprio benessere da questa prima fase pur non accedendo mai al perdono, per scelta personale, che ha valore come quella di perdonare. Mitigare l’odio, accettare, lasciare andare i sentimenti negativi, sono già conquiste importanti capaci di migliorare diversi aspetti legati alla sofferenza e al dolore, con il tempo l’odio e la paura possono stemperarsi sempre più in un percorso di consapevolezza e liberazione dal dolore, senza che persista il rancore. Divenire consapevoli del proprio ruolo in questo percorso di elaborazione implica responsabilità e fiducia che sono l’opposto della vendetta e possono alleviare il peso delle offese subite e del dolore attraversato.
Per concludere
Secondo l’ Emotion Focused Therapy, soltanto il sentimento, con l’elaborazione delle emozioni negative e dolorose, è il percorso principale verso il cambiamento, ed è il cambiamento dei sentimenti che porta a pensare e a agire in direzione del perdono.
“Perdona gli altri, non perché essi meritano il perdono ma perché tu meriti la pace” (Buddha)
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Riferimenti bibliografici
Perdonare e lasciare andare nell’Emotion-Focused Therapy (EFT) di L.S. Greenberg e C. Woldarsky Meneses. Ed. Franco Angeli, 2021