Oggi, 20 marzo, in tutto il mondo si celebra la Giornata della Felicità, istituita nel 2012 dall’ Assemblea Generale dell’ ONU, perché, come riporta il testo della risoluzione delle Nazioni Unite:

‘la ricerca della felicità è uno scopo fondamentale dell’umanità’.

Ma è possibile imparare a essere felici?

Da anni manuali, articoli, ricerche, talk show e persino lezioni universitarie cercano di insegnarci a essere felici. E’ notizia di qualche giorno fa il boom di iscrizioni a un corso presso l’Università di Yale dal titolo ‘Psychology and the good life’, tenuto dalla psicologa Laurie Santos e scelto da oltre 1.200 studenti dello storico College americano. La Dott.ssa Santos ha detto che in futuro non sarà più in grado di garantire questo corso a un numero così elevato di studenti, e che lo renderà disponibile a tutti on-line attraverso la piattaforma aperta Coursera.

Da tempo la psicologia, e in particolare la psicologia positiva, si occupa di felicità. Seligman, nel suo libro ‘Imparare l’ottimismo‘, cerca di spiegarci come raggiungere, passo dopo passo, un pezzettino di felicità. Ci viene spiegato che per essere felici è importante riconoscere la felicità mentre accade (forse non è un caso che molto spesso ormai venga citato il titolo di un libro di Kurt Vonnegut ‘Quando siete felici fateci caso‘). La felicità pare potersi identificare con il trascorrere breve e forse imprevisto di un attimo, di una sensazione, di un’impressione difficile da riconoscere e trattenere. Forse la felicità è quel qualcosa che, presi da tutto il resto quotidiano, ci sfugge, tanto che Seligman suggerisce di scrivere ogni sera, per dieci minuti, per almeno due settimane, tre cose che durante la giornata ci hanno reso felici, ci hanno fatto bene, ci fanno sentire grati. Piccoli esercizi di felicità quotidiana, insieme alla possibilità di sperimentare esperienze piacevoli e belle, godere di un bel paesaggio, camminare nel verde riposante, ascoltare una musica piacevole, apprezzare una mostra fotografica o una buona cena insieme ad amici. Sono tutti spunti condivisibili e abbastanza semplici da imparare. Ma siamo sicuri che sia tutto qui?

Secondo la ricercatrice e psicologa Susan David c’è anche altro: la felicità non è raggiungibile soltanto con un’attitudine positiva al mondo esterno, con un atteggiamento di ascolto e attenzione alla bellezza e al piacere. Anzi, questo atteggiamento rischia di renderci vittime di una ricerca di perfezione che potremmo scoprire irraggiungibile o mai pienamente appagabile. La felicità, spiega Susan David, è fatta da ciò a cui noi diamo valore e significato, dal dedicarci a ciò che amiamo, e non dal ricercare la felicità nella perfezione attraverso una ricetta, qualunque essa sia. L’attuale cultura del pensiero positivo e della resilienza ci rende più vulnerabili, spiega la Dott.ssa David: se tutto dipende dalla nostra attitudine positiva, se qualcosa non va come ci aspettiamo, la colpa ricade totalmente su noi stessi, con conseguenze spesso difficili da gestire. Inoltre, respingendo con forza un pensiero o un’emozione negativa o dolorosa, questi non se ne andranno veramente, ma come una molla, prima o poi torneranno a noi con ancora più forza e insistenza.

Una meta-analisi condotta dall’American Psychological Association ci dice che dal 1989 ad oggi è cresciuta la spinta ad essere ‘perfetti nel corpo, nella mente, nella carriera’, questo perché la perfezione in queste tre dimensioni della propria vita è ritenuta una condizione necessaria per essere felici. Questa tendenza al perfezionismo in realtà, lungi dal riuscire a sfiorare la felicità tanto desiderata, genera piuttosto un crescente senso di stress, di ansia e una incapacità di vivere il presente in modo pieno e consapevole, e una difficoltà nell’individuare obiettivi personali e valori propri di riferimento.

Secondo la Dott.ssa David, per gestire una situazione che potrebbe essere difficile e complessa, generata da un certo perfezionismo e da ritmi serrati, può esserci di aiuto l’ Emotional Agility, cioè un insieme di abilità che comprende la capacità di guardare tutte le nostre emozioni, accettarle, capirle e scegliere consapevolmente di distanziarsi da esse. Questo atteggiamento richiede la capacità di accogliere tutte le emozioni senza giudicarle e imparare a guardarle in modo sereno e equilibrato.

Ogni giorno una enorme quantità di pensieri, emozioni e esperienze attraversano la nostra vita, possono essere piacevoli o dolorose, probabilmente raccolgono in sé una grande quantità di sfumature che non sempre riusciamo a riconoscere e gestire. L’Emotional Agility ci aiuta a farlo, perché la nostra reale felicità è data dalla capacità di accedere al nostro mondo interiore in modo coraggioso, curioso e compassionevole.     

 

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Bibliografia

Yale’s most popular lass ever: happiness (D. Shimer, NY Times)

Perfectionism is increasing over time: a meta analysis of Birth cohort differences from 1989 to 2016 (T. Curran e A.P. Hill, 2017)

Emotional Agility: get unstuck, embrace change and thrive in work and life (S. David)

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