Uno degli argomenti più interessanti nel vasto dibattito intorno alla psicologia dell’apprendimento, è tutto quello che riguarda le differenze individuali degli studenti, cioè quelle caratteristiche specifiche che sono in grado di influenzare e persino determinare il processo di apprendimento di ciascuno. In altre parole, si tratta di un ramo della psicologia che si occupa di individuare quello che fa ottenere risultati differenti a bambini che in realtà non differiscono così tanto tra loro. Di tutti gli studiosi che hanno indagato e approfondito l’argomento, Carol Dweck ha certo un posto speciale.
Carol Dweck è probabilmente la massima studiosa delle differenze individuali nell’apprendimento e dell’influenza che queste possono avere sui risultati raggiunti da ognuno. Quello di cui si occupa da molti anni con le sue ricerche è provare a indagare in che modo lo stile di pensiero e le convinzioni, le credenze su di sé (Teorie del Sé), possano influenzare il proprio comportamento di apprendimento.
Differenze individuali nell’apprendimento
Le differenze individuali fanno riferimento, per esempio, a diversi stili, a diversi modi di reagire a un compito difficile. Persone con abilità cognitive dello stesso livello possono comportarsi in modo assai differente di fronte a un compito complesso o nuovo. Alcuni si impegnano molto, mettono in atto strategie differenziate per affrontare il problema, altri invece possono scoraggiarsi, evitare il compito oppure tentare strategie in modo automatico, senza calibrarle sul compito specifico.
Questi diversi approcci hanno evidentemente risultati diversi, ma quello che ci dice Carol Dweck è che questi stili nascono da differenze individuali che riguardano il modo in cui la persona elabora le convinzioni che ha su se stessa e attraverso le quali organizza il proprio mondo e dà significato alle proprie esperienze (sistemi di significato).
Possiamo dire che lo stile cognitivo messo in atto di fronte alle difficoltà è influenzato dalle credenze su di sé e che questo influenza a sua volta la motivazione. Persone con Teorie del Sé diverse possono creare mondi psicologici diversi, e questi le inducono a pensare, sentire e agire in modo differente anche in situazioni identiche.
Convinzioni diverse sull’intelligenza: alcune conseguenze sull’apprendimento
Teoria dell’entità: Alcuni studenti ritengono che l’intelligenza sia un tratto fisso, cioè credono di possedere una certa quantità di intelligenza e che questa sia stabile e immutabile, come un’entità. Per questo è detta Teoria Entitaria dell’intelligenza (Bandura e Dweck, 1985).
Questa convinzione genera molte conseguenze negli studenti. Prima di tutto li induce a voler dimostrare di avere una buona dose di intelligenza, quindi cercano di apparire brillanti e cercano ad ogni costo di evitare gli errori per non dimostrarsi incapaci.
Questi studenti dunque riescono a sentirsi intelligenti (secondo la loro idea di intelligenza) ottenendo successi facili, raggiunti con poco sforzo e dimostrandosi superiori agli altri. Questi studenti vivono le sfide e i compiti complessi come una minaccia alla propria autostima, e dunque evitano compiti e opportunità di apprendimento.
Percepire l’intelligenza come entitaria rende gli studenti insicuri, e questa insicurezza può persino aumentare all’aumentare di lodi e approvazione da parte degli adulti.
Teoria Incrementale: Alcuni studenti ritengono che l’intelligenza sia qualcosa che è possibile accrescere attraverso l’apprendimento. L’intelligenza cioè è qualcosa che può essere migliorato con l’impegno. Questa convinzione genera alcune conseguenze negli studenti, per esempio stimola la voglia di imparare.
Questi studenti non si preoccupano di apparire capaci, ma si impegnano piuttosto per imparare di più lanciandosi con passione e impegno in situazioni nuove o sfidanti, queste situazioni sono per loro attraenti perché danno loro la possibilità di sentirsi coinvolti, li aiuta a impegnarsi per conoscere qualcosa di nuovo e ampliare le proprie abilità.
La loro Teoria del Sé si realizza attraverso l’impegno e l’apprendimento.
Possibili reazioni di fronte a un insuccesso
La diversa modalità di reagire di fronte a un insuccesso è una caratteristica fondamentale che distingue due distinti approcci all’apprendimento:
Studenti con uno stile orientato alla padronanza, di fronte a una difficoltà, si chiedono come migliorare la propria prestazione, cioè essi ritengono di poterla migliorare modificando le proprie strategie, impegnandosi di più, e mostrando spesso un certo ottimismo.
Studenti con uno stile di impotenza appresa, di fronte a una difficoltà, iniziano rapidamente a perdere fiducia nella propria intelligenza e nelle proprie capacità di migliorare (anche se fino a quel momento hanno raggiunto un’intera serie di successi). Nella loro mente, gli insuccessi riescono a sovrastare un’intera sequenza di successi appena raggiunti, a questo senso di impotenza seguono poi nella maggior parte dei casi un senso di noia e un notevole disinteresse. Questi studenti inoltre ritengono che l’insuccesso sia la prova della loro incapacità personale.
Impegno di fronte alle difficoltà
I compiti difficili richiedono impegno e sforzo per tutti.
Gli studenti con un obiettivo di prestazione (cioè che vogliono dimostrare di riuscire e quindi di essere capaci, gli studenti con una Teoria Entitaria, dunque), vivono così un conflitto di fronte a un compito difficile: essi desiderano dimostrare le loro alte capacità e ciò li porta a diffidare di un compito che richiede un grande sforzo perché questo sforzo richiesto significa per loro che ‘non sono all’altezza’, non ne hanno la capacità, il loro senso di competenza è continuamente messo alla prova in un compito difficile e questo è per loro il segnale della loro incapacità, tutto questo li induce a desistere e a non impegnarsi, ad avere un comportamento difensivo. Insomma essi ritengono che se l’intelligenza è immutabile, più richiedo sforzo per imparare meno sono intelligente, dunque l’impegno è qualcosa di inutile.
Gli studenti con un obiettivo di padronanza (cioè che vogliono imparare per padroneggiare un argomento, gli studenti con una Teoria Incrementale), considerano l’impegno come qualcosa che permette di utilizzare completamente le capacità possedute e di realizzare il proprio potenziale, l’impegno è ciò su cui fanno leva per migliorarsi.
L’autostima: come supportarla in modo efficace
Gli studenti con una Teoria Incrementale dell’apprendimento percepiscono l’autostima come un modo positivo di sperimentarsi durante un compito che li coinvolge pienamente richiedendo di utilizzare le loro capacità per perseguire un obiettivo che per loro ha valore. E’ qualcosa che possono trovare in se stessi valorizzando il processo di apprendimento e non il risultato raggiunto o la dimostrazione delle proprie abilità. In questo modo essi vivono l’errore come occasione di crescita e miglioramento, e riescono a apprezzare la sfida e la fatica per raggiungere un risultato.
Gli studenti con una Teoria Entitaria dell’apprendimento percepiscono l’autostima come una qualità interna che può essere alimentata da facili successi e ridotta dagli insuccessi, per questo temono moltissimo l’errore, con grandi ripercussioni sulla loro motivazione a apprendere.
Secondo Carol Dweck ci sono tanti pregiudizi che portano gli adulti a sostenere l’autostima di figli e studenti spesso in modo goffo e inefficace.
Gli adulti molto spesso ritengono che per aiutare bambini e ragazzi a sviluppare una buona autostima sia importante lodare molto i loro successi e i loro punti di forza. Secondo la Dweck, invece, questo atteggiamento non fa altro che comunicare loro una teoria entitaria dell’intelligenza.
Gli adulti infatti si sforzano di gonfiare quelle che sono ritenute le caratteristiche positive del bambino (per esempio: ‘sei molto portato per lo sport, a basket sei il più veloce a fare canestro’, oppure ‘che brava, al test di scienze non ti batte nessuno, continua così’), e a nascondere o mascherare gli insuccessi, convinti che questi possano minare l’ autostima.
Tutto questo è profondamente sbagliato, ci dice Dweck. Infatti, è come una costante comunicazione di una teoria entitaria, è gonfiare i successi senza valorizzare il processo e l’impegno che porta a essi, è nascondere l’insuccesso o eliminare gli ostacoli invece di aiutare a reagire a un fallimento con nuove strategie o a fronteggiare e superare gli ostacoli quando si presenteranno di nuovo.
E’ importante che i bambini abbiano un forte senso di autostima, ma questa non è qualcosa che possiamo dare loro in modo semplice e automatico aumentando sempre più le lodi. L’autostima è anche sotto il loro potere, dipende dalla quantità di impegno che riescono a investire in un processo mettendosi alla prova in modo positivo, fiducioso, attivo. L’autostima è il frutto dell’impegno profuso in un compito che riteniamo importante per noi, per i nostri valori e i nostri obiettivi. Questo aspetto dell’autostima è incentivato quando si mettono in risalto gli sforzi attuati, le sfide accettate, l’impegno e le strategie messe in atto durante un processo di apprendimento e di conoscenza.
Lodi e critiche: come usarle in modo utile
Ecco alcune cose che possiamo fare. Prima di tutto, ci dice Carol Dweck, possiamo lodare in modo efficace:
“Non lodate l’intelligenza o il talento. Sappiamo che non funziona. Non lo fate più. Lodiamo il processo intrapreso dai ragazzi: i loro sforzi, le loro strategie, il loro focus, la loro perseveranza, i loro miglioramenti. Questa lode del processo cresce ragazzi forti e resistenti”.
Infine, segnalo un video (THE POWER OF BELIEVING THAT YOU CAN IMPROVE di CAROL DWECK Dal TED 2014, cioè: Il potere di credere che puoi migliorare).
Consiglio di guardarlo (la traduzione è disponibile sotto al video) perché è come una carezza per ogni volta che un bambino non è stato abbastanza compreso o adeguatamente supportato nel suo percorso scolastico e di vita.
Se vuoi un supporto allo studio personalizzato, mirato e efficace, in qualità di Psicologa e Tutor dell’apprendimento, posso aiutarti a intraprendere il percorso per te più utile e positivo.
Chiamami al n. 338-8317876
Bibliografia:
Teorie del Sé (intelligenza, motivazione, personalità e sviluppo), di Carol S. Dweck, edizioni Erickson.