Oggi voglio raccontare qualcosa di questo libro speciale che spiega il legame tra apprendimento e emozioni.
Il libro è così ricco di dati di ricerca connessi a dati emotivi e emozionanti che è proprio il caso di dire che l’autrice sa proprio di cosa sta parlando. L’autrice è una psicologa dello sviluppo, che insegna alla University of Southern California e svolge attività di ricerca presso il Brain and Creativity Institute. Mary Helen Immordino-Yang si occupa di neuroscienze e emozioni, e ciò che la contraddistingue dai colleghi del suo settore, è la sua attenzione (e passione) ai risvolti concreti e quotidiani delle sue scoperte di ricerca.
Da un punto di vista neurobiologico è impossibile ricordare, pensare e prendere decisioni senza tener conto delle emozioni. Il cervello è un sistema molto complesso, e non potrebbe permettersi di sprecare energia e ossigeno per dedicarsi a cose che non sono importanti, in breve, spiega Immordino-Yang, ‘pensiamo solo alle cose che ci stanno a cuore‘.
Ecco perché gli aspetti emotivi dell’apprendimento sono così importanti.
Cosa sono le emozioni?
Ogni essere umano prova emozioni di base, come paura e disgusto, per evitare situazioni pericolose. Ognuno di noi sperimenta emozioni di amore e affetto per potersi affiliare ad altri, procreare e prendersi cura della prole. Inoltre, grazie alla plasticità del cervello, possiamo occuparci di ciò che stimola la nostra curiosità, possiamo provare ammirazione per qualcuno, possiamo provare compassione, indignazione, interesse e persino un interesse così forte e profondo da farci dimenticare tutto il resto (il flusso, concettualizzato da Csìkszentmihàlyi, 1990).
Queste emozioni sono reazioni soggettive che avvengono nel corpo e nella mente, e sono in grado di organizzare le nostre relazioni sociali, la nostra moralità, le nostre scelte, il nostro comportamento.
Le emozioni si sviluppano e maturano nel tempo, con la crescita e l’esperienza, sono competenze di comportamenti e pensieri costruiti attivamente per adattarci alle richieste dell’ambiente in cui viviamo. Senza le emozioni che sono implicate in ogni scelta o decisione, per esempio, ogni scelta o decisione sarebbe uguale ad ogni altra, e le persone non avrebbero preferenze, interessi, motivazioni, moralità, creatività, senso della bellezza, né, infine, uno scopo. Senza emozioni si possono acquisire conoscenze, ma non si potrebbero usare tali conoscenze in modo efficace e contestuale.
I sistemi neurologici che supportano la presa di decisione sono gli stessi sistemi che supportano il comportamento sociale e morale, senza una comprensione reale degli elementi culturali che caratterizzano l’apprendimento (come aspetti emotivi, sociali e morali), l’apprendimento stesso non sarà fonte di informazioni veramente utili alla vita reale.
Perché le emozioni sono così importanti nei processi di apprendimento?
– le emozioni guidano il processo di apprendimento cognitivo
– l’apprendimento emotivo modella il comportamento futuro
– le emozioni sono efficaci nel facilitare lo sviluppo della conoscenza quando sono rilevanti per il compito da svolgere
– senza emozioni l’apprendimento è compromesso
Come favorire un apprendimento supportato dalle emozioni?
– favorire la connessione emotiva al materiale di studio: significa realizzare un approccio partecipativo, coinvolgendo gli studenti nella progettazione del materiale e del processo di studio, coinvolgerli attivamente nella realizzazione di modellini, di mappe, e nella possibilità di dare un senso al materiale di studio, questo approccio forse può portare ad allontanarsi da un percorso curricolare diretto e spedito, ma, seppure in modo meno veloce e diretto, creerà conoscenze più profonde e durature.
– incoraggiare a sviluppare intuizioni brillanti: significa incoraggiare l’utilizzo di problem solving, lo sviluppo di intuizioni basate sull’esperienza è la base su cui si fonderà l’apprendimento, è per questo che è così importante incoraggiare un apprendimento di questo tipo e una capacità metacognitiva che permetta il consolidarsi di ciò che si è appreso.
– gestire attivamente il clima emotivo e di gruppo della classe: significa modulare le emozioni irrilevanti per il compito e quelle rilevanti, equilibrarle, sfruttando inizialmente le prime per poi lasciare spazio alle seconde, una volta che lo studente sarà più consapevole e in grado di gestirle, sarà anche più in grado di orientarsi al compito
L’ammirazione per la virtù
L’autrice, inoltre, ha approfondito con alcuni esperimenti l’effetto di emozioni positive come l’ammirazione per un’azione virtuosa di qualcun altro, trovando una correlazione tra questo sentimento e la motivazione, la spinta, la voglia di imitarla e di rendere la propria vita improntata a valori più alti. L’attivazione di aree cerebrali complesse è molto più duratura dell’attivazione che si verifica durante un processo di empatia diciamo ‘di base’, come per esempio provare vicinanza verso un amico che si è fatto male correndo. Dai risultati dei suoi studi emerge che lo stato di ‘ammirazione per la virtù’ porta a uno stato di consapevolezza viscerale, che si attiva preparando il corpo e la mente a compiere azioni significativamente motivanti e utili per sé e per la società.
Mente e corpo sono strettamente legati per sostenere azioni motivanti: senza valutazione cognitiva, non c’è emozione, senza l’emergere di reazioni fisiche relative alla regolazione biologica, la valutazione cognitiva non ha potere motivazionale. Questo dato, se confermato da ulteriori studi, sottolinea l’importanza delle emozioni positive nei processi motivazionali e nell’apprendimento, portando alla luce l’importanza di far conoscere la vita, i valori e gli obiettivi di persone che, ognuno a suo modo, hanno scritto la nostra storia, in ogni settore, grande o piccolo che sia, perché sentimenti positivi come l’ammirazione o la gratitudine possono aiutare uno studente a trovare in sé la spinta motivante a impegnarsi e a attivare le proprie risorse.
L’importanza di annoiarsi
L’autrice ipotizza l’importanza ‘di annoiarsi‘, l’importanza, per grandi e piccini, di quel tempo che sta in mezzo tra una cosa fatta e una da fare. L’autrice sostiene che la continua, costante richiesta di attenzione verso il mondo esterno, impedisca un’attenzione rivolta all’interno, al come più che al cosa, alla capacità di riflettere a un livello superiore su aspetti sociali e morali implicati nelle azioni nostre e altrui. Inoltre ci dice che, senza quel tempo che sta in mezzo tra una cosa fatta e una da fare, l’apprendimento che inseguiamo senza sosta con i migliori corsi e laboratori, diventa un’ esperienza fine a se stessa, incapace di creare reale senso e significato.
Allora, almeno nel tragitto tra scuola, laboratorio di ceramica reiki, lezione di movimento creativo e inglese per i leader di domani, ricordiamoci di chiedere ai bambini come si sentono oggi, cosa pensano delle foglie gialle cadute in giardino, cosa hanno sognato stanotte.
Ricordiamoci di riflettere con loro sul significato di ciò che stanno imparando, vedendo, ascoltando, sentendo, e facciamolo magari non solo a parole, ma con una pausa di silenzio, un sorriso di intesa, un gesto di condivisione.
La loro crescita si misura anche attraverso la capacità e la profondità del loro sentire oggi, attraverso la possibilità di guardare dentro alle proprie emozioni e a quelle degli altri.
Se vuoi un supporto allo studio personalizzato, mirato e efficace, in qualità di Psicologa e Tutor dell’apprendimento, posso aiutarti a intraprendere il percorso per te più utile e positivo.
Chiamami al n. 338-8317876
Bibliografia:
Neuroscienze affettive ed educazione di M. H. Immordino-Yang, ed. Raffaello Cortina, 2017
Mi piace molto come scrivi Daria, tutto scorre fluido ed è molto chiaro.
Sono d’accordo che incoraggiare un apprendimento supportato dalle emozioni sarebbe la forma ideale da caldeggiare per i nostri figli e tutti gli studenti in generale.
Per poterlo fare bisognerebbe che ci fosse peró una profonda riforma della scuola, che impone ai docenti dei programmi annuali assurdi, del nozionismo puro.
Mi ricordo ancora le ore passate a studiare letteratura italiana e latino al liceo e il bagaglio di nozioni che ci sobbarcavamo ogni giorno, con l’ansia della professoressa per paura di non finire in tempo il programma ministeriale.
Questo tipo di scuola promuove un apprendimento che ignora le emozioni, a partire dalla stanchezza dello studente che si sente schiacciare dal peso di uno studio a ritmi serrati che non sono umani per nessuno.
Il risultato? dopo pochi anni la maggior parte di quello che abbiamo studiato ( e non appreso secondo me, perché apprendere é un processo piú profondo, un’assimilazione) scompare, lasciando idee confuse e nebulose sui soggetti trattati.
A che scopo una scuola simile quindi?
Non sarebbe meglio concentrarsi su meno argomenti e trattarli con un approccio come quello di cui parli tu?
Chissá se qualcuno mai si proporrá per cambiare un po’ questa nostra scuola.
Micol
Grazie Micol, mi fa piacere sapere che hai trovato degli spunti in ciò che ho scritto. Condivido le tue riflessioni in proposito, quello che credo però è che negli ultimi anni anche a scuola ci sia una maggiore attenzione a questi aspetti, una maggiore consapevolezza e più interesse per nuovi stili di insegnamento. Questo si riscontra, a mio parere, soprattutto nella scuola primaria, ma io ho fiducia che piano piano un approccio più ‘umano’, più a misura di studente, e comunque sempre sperimentalmente supportato, si diffonda in ogni scuola di ordine e grado. E’ un cambiamento di prospettiva, di ampia portata, e per questo richiede un po’ di tempo. Ma con l’impegno di tutti io trovo che sia un obiettivo raggiungibile.
Grazie per questo scambio!